Aquasi cinquant'anni Danielle passa le sue giornate in un silenzio inviolabile nella clinica dove è stata ricoverata - dalla figlia Sophie - dopo il terzo tentativo di suicidio. La psicologa che l'ha... in cura cerca di spingerla a comunicare e la esorta a mettere per iscritto i suoi pensieri. Dal diario disperato della donna emerge che ha vissuto una vita nell'indifferenza, alternando sensazioni di disgusto al senso di colpa.
È un tema scomodo quello affrontato da Alessandro Capone. "Perché una donna, che ha partorito come una cagna, non può liberarsi del suo piccolo se ne prova fastidio, eliminandolo o divorandolo?" si chiede Danielle tra le mura spoglie della sua cella.
Esistono madri che arrivano a odiare i loro figli, ma nessuno ne parla o ne vuole parlare. Con un piglio autorale il regista romano, noto più per le sue fiction poliziesche che per i suoi drammi teatrali, esplora l'universo femminile e nello specifico quello materno, provocando profonde riflessioni. Spietato nell'elaborazione della problematica psicotica (Danielle) e altrettanto rigido nel mettere in scena l'amore/odio filiale (Sophia), Capone fa leva solo sulla figura della dottoressa Nielsen (interpretata con diligenza da Greta Scacchi) per dare un tocco di morbidezza alla tragicità della trama. Leggi tutto